L’associazione Salvaguardia rurale veneta , aggregazione nata nel 2017 a Badia Calavena da allevatori e da difensori del mondo rurale della montagna veronese e delle altre province venete , guarda con estrema perplessità e infine boccia il progetto proposto da Coldiretti, dall’università di Sassari e dal Sig. Duccio Berzi, il tutto supportato dal consigliere regionale Alberto Bozza sul monitoraggio e sugli interventi di convivenza con il predatore che da 12 anni infesta le nostre aree di montagna e ora di pianura.
Dopo oltre un decennio di convivenza imposta, con gravi danni economici, sociali e ambientali per i nostri territori e le nostre attività zootecniche, solo in minima parte risarciti dagli enti pubblici, sentir parlare ancora di monitoraggio e convivenza, proponendo progetti che ricadono ulteriormente sulle spalle degli allevatori e dei conti pubblici, non è certo incoraggiante per il futuro di queste attività e di questi territori.
Già le premesse del progetto, proposto dall’università di Sassari, improntate su frasi quali “il settore zootecnico in buona parte ostile ad intraprendere un percorso per mettere in sicurezza gli allevamenti” quando tutti gli allevatori hanno predisposto modalità di convivenza adeguate alle proprie aziende, pagando anche di tasca propria, dimostra non solo una grande lontananza dal mondo allevatoriale ma anche un’ostilità già vista in altri territori.
Lascia basiti che trovi sostegno da una associazione agricola e da rappresentanti di forze politiche locali. Purtroppo la gestione di ecosistemi zootecnici alpini come la Lessinia richiede competenze e professionalità lontane da chi ha scritto il progetto proposto.
“Molte aziende zootecniche preferiscono accettare un certo numero di attacchi per ogni stagione di pascolo, piuttosto che cambiare la modalità di gestione degli animali” è oltraggioso verso un settore in cui molte aziende hanno chiuso a causa della convivenza forzata e in cui molte altre non portano più gli animali al pascolo per poterli salvare dalle predazioni. Le modalità di gestione degli animali sono notevolmente cambiate in Lessinia, e si sono modificate in peggio sia dal punto di vista della gestione territoriale che del benessere animale. Ci si chiede se gli autori del progetto siano consapevoli di quello che accade sul territorio della nostra montagna.
Le premesse anche in vista del futuro declassamento del grado di protezione del lupo non sono in certo incoraggianti. Oltretutto da mesi Ispra ha aperto alle possibilità già previste dall’articolo 16 della direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 attraverso le richieste di applicazione delle deroghe previste al regime di protezione, possibilità di cui nessuno sembra voler parlare e che le istituzioni sembra non vogliono chiedere neppure nemmeno dopo l’infinito numero di capi predati in Lessinia.
Nelle prossime settimane l’associazione Salvaguardia rurale veneta sentirà gli allevatori locali per raccogliere opinioni ed avviare iniziative di confronto sui progetti locali, sulle proposte di declassamento e sul deleterio piano nazionale di conservazione del lupo.
Ben venga nel frattempo l’approvazione della proposta di legge statale n. 15 “DISPOSIZIONI INTEGRATIVE PER IL RECEPIMENTO DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE DEL CONSIGLIO DEL 21 MAGGIO 1992 RELATIVA ALLA CONSERVAZIONE DEGLI HABITAT NATURALI E SEMINATURALI E DELLA FLORA E DELLA FAUNA SELVATICHE: INTRODUZIONE DI UN REGIME DI DEROGA PER LA SPECIE CANIS LUPUS”.
Ma ricordiamo che già oggi il Ministero dell’Ambiente può intervenire autorizzando catture e abbattimenti, sempre più urgenti in territori montani come i nostri.
Il Presidente
Beltramini Enrico
Salvaguardia Rurale Veneta